Le assicurazioni sono strumenti molto importanti per la tutela di alcuni aspetti della vita quotidiana delle persone. Ce ne sono di ogni tipo, le più comuni sono quelle per malattia, infortunio o morte. Le polizze, però, si stanno diffondendo in modo capillare anche come strumenti per la pianificazione successoria. Ecco in che modo.
Chi sottoscrive una polizza lo fa in primo luogo per tutelarsi dall’insorgenza di alcune malattie, per garantirsi cure migliori in caso di ospedalizzazione, per lasciare un risarcimento ai postumi in caso di morte o per avere una diaria nei casi di infortunio. La polizza però può essere usata anche per trasmettere di generazione in generazione un piccolo gruzzoletto. Quali sono i lati positivi e quelli negativi di una pratica del genere?
Le polizze assicurative, nel tempo, oltre a tutelare la salute dell’assicurato, diventano una specie di portafoglio in cui accumulare del denaro, fino al riscatto del premio, sia per morte, sia per conclusione naturale dell’accordo. Chi sottoscrive una polizza vita, rispetto al classico testamento, ha la libertà di scegliere in modo esclusivo i beneficiari del premio e stabilire anche le modalità di riscossione. In più, i soldi che si ottengono dal premio di un’assicurazione, pur rappresentando nei fatti un’eredità, sono al riparo dalle imposte classiche sulla successione.
È tutto rose e fiori? Non proprio, perché, come sottolineano gli esperti, ci sono dei limiti nell’uso della polizza assicurativa. Questa, infatti, non può essere in alcun modo usata per escludere dall’asse ereditario alcune persone. Nel nostro Paese, inoltre, al di là del passaggio di denaro, tutto il resto della pratica deve essere gestito da un intermediario e questo ha il suo costo.
Le polizze vita o comunque a protezione della persona sono molto convenienti quando erogate dalle banche. Per esempio la polizza Credem è molto vantaggiosa per la possibilità che offre ai sottoscrittori di scegliere le garanzie, il capitale assicurato, i beneficiari e le somme liquidate. Il premio versato può essere detratto dalla dichiarazione dei redditi secondo i limiti della normativa fiscale.